Corte d’appello Roma, sez. III civile, sentenza 19 marzo 2013 n. 1548
Il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei princìpi espressi nell’art. 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 della medesima carta costituzionale. Il diritto al consenso predetto, proprio in quanto diritto irretrattabile della persona, va, dunque, sempre e comunque rispettato da parte dei sanitari, fatta salva l’ipotesi in cui ricorrano casi d’urgenza che pongano in gravissimo pericolo la vita della persona, in quanto bene, questo, che riceve e si correda di una tutela primaria nella scala dei valori giuridici, ovvero si tratti di trattamento sanitario obbligatorio.
Tale consenso è talmente inderogabile che non assume alcuna rilevanza, al fine di escluderlo, che l’intervento chirurgico sia stato effettuato in modo tecnicamente corretto, poiché a causa del totale deficit di informazione, il paziente non è posto in condizione di assentire al trattamento, per cui nei suoi confronti, comunque si consuma una lesione della dignità che connota nei momenti cruciali la sua esistenza.
La violazione del diritto al consenso informato, pertanto, in virtù della natura dello stesso, implica, di per se stessa, l’obbligo al risarcimento del danno in capo alla parte che ne abbia omesso la richiesta.