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Quando viene lamentata la violazione del diritto all’autodeterminazione, l’esito dell’intervento e la sua necessarietà sono irrilevanti

Cassazione civile sez. III, 15/04/2019 n. 10423

Aprile 19, 2019 7:05 pm by: Category: Giurisprudenza Leave a comment A+ / A-

L’acquisizione del consenso informato del paziente da parte del sanitario costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente a oggetto l’intervento terapeutico, e costituisce autonoma fonte di responsabilità.

Pertanto, se viene lamentata la violazione al diritto all’autodeterminazione, l’esito dell’intervento e la sua necessarietà sono irrilevanti.

Nel merito della vicenda. Le due circostanze valorizzate dalla sentenza impugnata per rigettare la domanda risarcitoria – ovvero, l’assenza di prova che la paziente, in presenza di tempestiva e idonea informazione, si sarebbe egualmente sottoposta all’intervento, nonchè il carattere necessitato dell’intervento eseguito – non assumono rilevanza, almeno in termini assoluti, ai fini dell’esclusione della responsabilità del medico (e della struttura sanitaria).

La paziente aveva infatti proposto azione risarcitoria per ottenere il ristoro, oltre che del danno alla salute derivato (in ipotesi) alla mancata informazione, anche di quello scaturito dalla lesione del diritto all’autodeterminazione terapeutica in sè considerato, rispetto al quale il carattere necessitato dell’intervento e la sua corretta esecuzione restano circostanze prive di rilievo.

Difatti, in tema di attività medico-chirurgica, è risarcibile il danno cagionato dalla mancata acquisizione del consenso informato del paziente in ordine all’esecuzione di un intervento chirurgico, ancorchè esso apparisse, ex ante, necessitato sul piano terapeutico e sia pure risultato, ex post, integralmente risolutivo della patologia lamentata, integrando comunque tale omissione dell’informazione una privazione della libertà di autodeterminazione del paziente circa la sua persona, in quanto preclusiva della possibilità di esercitare tutte le opzioni relative all’espletamento dell’atto medico e di beneficiare della conseguente diminuzione della sofferenza psichica, senza che detti pregiudizi vengano in alcun modo compensati dall’esito favorevole dell’intervento (Cass. Sez. 3, ord. 15 maggio 2018 n. 11749).


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