L’elemento soggettivo nel reato di cui all’art. 591 c.p. si configura in termini di dolo generico e consiste nella coscienza di abbandonare a sé stesso il soggetto passivo, che non abbia la capacità di provvedere alle proprie esigenze, in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica di cui si abbia l’esatta percezione.
Il concorso colposo è configurabile anche rispetto al delitto doloso, sia nel caso in cui la condotta colposa concorra con quella dolosa alla causazione di un evento secondo lo schema del concorso di cause indipendenti, sia in quello della cooperazione colposa, purché in entrambi i casi il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella sua condotta siano presenti gli elementi della colpa, in particolare la finalizzazione della regola cautelare violata alla prevenzione del rischio dell’atto doloso del terzo e la prevedibilità, per l’agente, dell’atto del terzo.
E’ evidente, quindi, che una eventuale responsabilità in capo al medico potrebbe essere costruita esclusivamente in termini colposi, per avere omesso la diligenza richiesta nel valutare la sintomatologia della paziente e la rispondenza alle sue peculiari esigenze dell’ambiente in cui si trovava, quindi estranei alla fattispecie contestata.
Gli elementi in fatto su cui si fonda la sentenza impugnata sono stati correttamente interpretati e valutati ed hanno condotto all’unico esito possibile che, oltretutto, tiene in adeguato conto i rapporti fra l’art. 591 c.p. e la legge n. 189 del 1978, che vieta la coazione strutturale e prevede, per il trattamento sanitario volontario, il ricovero dell’ammalato in strutture aperte.
Medico psichiatra e responsabilità
Cassazione penale sez. V, 18/10/2016 n. 50681