Nella liquidazione del danno terminale che, se pure temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, tanto che la lesione alla salute è così elevata da non essere suscettibile di recupero ed esitare nella morte, evidenziando la necessità di tener conto di fattori di personalizzazione ed escludendo pertanto che la liquidazione possa essere effettuata attraverso la meccanica applicazione di criteri contenuti in tabelle che, per quanto dettagliate, nella generalità dei casi sono predisposte per la liquidazione del danno biologico o delle invalidità, temporanee o permanenti, di soggetti che sopravvivono all’evento dannoso), occorre precisare che il danno terminale è comprensivo di un danno biologico da invalidità temporanea totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell’evento lesivo fino a quella del decesso) cui può sommarsi una componente di sofferenza psichica (danno catastrofico) e che, mentre nel primo caso la liquidazione può ben essere effettuata sulla base delle tabelle relative all’invalidità temporanea, nel secondo caso risulta integrato un danno non patrimoniale di natura peculiare che comporta la necessità di una liquidazione che si affidi a un criterio equitativo puro – ancorché sempre puntualmente correlato alle circostanze del caso – che sappia tener conto della enormità del pregiudizio.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, 31 ottobre 2014, n. 23183