La motivazione impugnata non esplicita le ragioni per le quali ha ritenuto che l’azione salvifica fosse rappresentata dal solo parto cesareo e non da altre pratiche di più rapida esecuzione
Nella causalità nei reati colposi, va esclusa la responsabilità dell’agente quando l’evento si sarebbe comunque verificato in relazione al medesimo processo causale, nei medesimi tempi e con la stessa gravità od intensità, poiché in tal caso dovrebbe ritenersi che l’evento imputato all’agente non era evitabile.
In questa esplorazione la Corte di Appello si è imbattuta nel dato evidenziato dagli esperti, ovvero che l’asfissia era insorta improvvisamente nella fase del travaglio; ma, soprattutto, in quello negativo, della impossibilità di determinare – anche a causa del mancato monitoraggio – il preciso momento in cui si era determinata la sofferenza fetale (e risulta quindi non convalidata dalla sentenza impugnata l’affermazione del ricorrente che il battito cardiaco sarebbe stato rilevato in una fase in cui il feto era in evidente sofferenza), tanto che questa avrebbe potuto insorgere anche cinque minuti prima del decesso e quindi in un tempo che non avrebbe consentito alcuna azione salvifica.
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