La vittima giunse al reparto di neurologia della clinica privata essendo affetta da un grave aneurisma cerebrale.
L’imputata, sanitario in servizio presso il nosocomio, non provvide a tutti i pertinenti approfondimenti diagnostici, non diede ricorso alle cure appropriate, non prese in esame la necessità di atto chirurgico, non valutò neppure la necessità di ricovero presso nosocomio attrezzato per il trattamento del caso. In esito a tale condotte sopravveniva la morte; dopo che la paziente era stata ricoverata in altro nosocomio.
La vittima venne ricoverata intorno alle ore 13.30 al pronto soccorso della Clinica colpita da grave affezione che si rivelò essere costituita da ematoma emorragico intraparenchimale dell’encefalo. Dopo i primi accertamenti, intorno alle 16.20 la donna venne trasferita presso la Stroke unit.
Intorno alle 18.30 le condizioni della paziente subivano un drastico peggioramento. A quel punto l’imputata richiedeva la consulenza del neurochirurgo, del neuroradiologo nonché del rianimatore. Poco dopo si procedeva all’intubazione.
Una successiva Tac evidenziava un aggravamento dell’obiettività neurologica con incremento dell’emorragia.
Quindi la paziente veniva trasferita presso il reparto rianimazione dell’ospedale … dove decedeva.
La sentenza considera che l’imputata ha commesso un grave errore diagnostico, non essendosi immediatamente avveduta dell’esistenza di aneurisma cranico, nonostante il risultato della TAC che ne dava quantomeno un sospetto, insieme a plurime manifestazioni come perdita di coscienza, stato confusionale, problemi neurologici, vomito.
Tutto ciò avrebbe dovuto indurre ad ipotizzare come diagnosi differenziale l’origine della emorragia in un aneurisma.
Oltre a ciò la ricorrente commise un altrettanto grave errore terapeutico.
continua...
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