Determina l’esistenza di un danno risarcibile alla persona l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, ove risulti che, per effetto dell’omissione, sia andata perduta dal paziente la possibilità di sopravvivenza per alcune settimane o alcuni mesi, o comunque per un periodo limitato, in più rispetto al periodo temporale effettivamente vissuto.
Il giudice di merito ha accertato che, ove fosse stato diagnosticato l’infarto occorso al paziente, vi sarebbe stato un limitato periodo di sopravvivenza, non quantificato, ma rispetto al quale per un verso ha affermato che in termini di altissima probabilità statistica non poteva ritenersi superiore ad alcuni mesi (12 mesi secondo l’ipotesi più favorevole, tre mesi secondo quella meno favorevole), per l’altro ha richiamato la conclusione del CTU secondo cui, anche ove la patologia fosse stata prontamente riconosciuta e fossero stati correttamente attuati in regime di ricovero tutti i migliori trattamenti disponibili nel 1979, la probabilità di morte intra-ricovero (cioè ai 15-20 giorni dal momento della presentazione al pronto soccorso) sarebbe stata intorno al 70-80%, mentre la probabilità di morte ad un anno sarebbe risultata superiore.
continua...
RISERVATO AGLI ABBONATI A RISCHIOSANITA'.it
REGISTRATI |