A carico del Ministero della salute, anche prima dell’entrata in vigore della legge 4 maggio 1990 n. 107, sussisteva un obbligo di controllo e di vigilanza in materia di raccolta e distribuzione di sangue umano per uso terapeutico.
Il giudice, accertata l’omissione di tali attività con riferimento alle cognizioni scientifiche esistenti all’epoca di produzione del preparato, ed accertata l’esistenza di una patologia da virus HIV, HBV o HCV in soggetto emotrasfuso o assuntore di emoderivati, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell’insorgenza della malattia e che, per converso, la condotta doverosa del Ministero, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento.
Nelle patologie conseguenti ad infezione con i virus HBV (epatite B), HIV (AIDS) e HCV (epatite C) contratti a causa di assunzione di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, non sussistono tre eventi lesivi, bensì un unico evento lesivo, cioè la lesione dell’integrità fisica (essenzialmente del fegato) in conseguenza dell’assunzione di sangue infetto; ne consegue che già a partire dalla data di conoscenza dell’epatite B – la cui individuazione spetta all’esclusiva competenza del giudice di merito, costituendo un accertamento di fatto – sussiste la responsabilità del Ministero della salute anche per il contagio degli altri due virus, che non costituiscono eventi autonomi e diversi, ma solo forme di manifestazioni patogene dello stesso evento lesivo.
Sul Ministero gravava quindi un obbligo di controllo, direttive e vigilanza in materia di impiego di sangue umano per uso terapeutico (emotrasfusioni o preparazione di emoderivati) anche strumentale alle funzioni di programmazione e coordinamento in materia sanitaria, affinchè fosse utilizzato sangue non infetto e proveniente da donatori conformi agli standars di esclusione di rischi, l’omissione cosciente di tale condotta, integrando la violazione di un obbligo specifico, è idonea in astratto ad integrare la colpa.
Non è invece corretto riconoscere la responsabilità del Ministero a norma dell’art. 1225 c.c., per cui il responsabile risponde anche dei danni imprevedibili; infatti tale norma attiene, non al nesso di causalità materiale, ma a quella giuridica, relativa alla valutazione e determinazione dei danni.
Nella responsabilità per illecito, la prevedibilità o imprevedibilità del danno rileva solo riguardo al quantum debeatur, poichè in materia contrattuale è risarcibile solo il danno prevedibile (art 1225 c.c.), mentre in materia extracontrattuale va risarcito anche il danno imprevedibile, dato che l’art 2056 c.c., sulla determinazione del risarcimento in tale campo, non richiama l’art 1225 c.c.
Quindi la prevedibilità del danno, cui fa riferimento l’art. 1225 c.c, non costituisce un limite all’esistenza del danno stesso, ma soltanto alla misura del suo ammontare e determina la limitazione del danno risarcibile nella sola responsabilità contrattuale, mentre non determina alcuna limitazione liquidatoria in tema di responsabilità extracontrattuale, quale è quella in esame.
Il comportamento colpevole del Ministero sussiste quindi per la sola ragione di aver omesso i controlli e la vigilanza sul sangue trasfuso con i metodi conosciuti all’epoca, mentre la regolarità causale sussisteva già a partire dalla data di conoscenza dell’epatite B anche per il contagio degli altri due virus (HCV ed HIV), che non costituiscono eventi autonomi e diversi, ma solo forme di manifestazioni patogene dello stesso evento lesivo.
La prescrizione – L’exordium praescriptionis coincide con il momento in cui il soggetto ha conoscenza non solo della malattia, ma anche della sua rapportabilità causale.
Secondo la giurisprudenza il termine ultimo è il momento della domanda in sede amministrativa e non la comunicazione della decisione delle Commissioni Mediche.
Tenuto conto che l’indennizzo è dovuto solo in presenza di danni irreversibili da vaccinazioni, emotrasfusioni o somministrazioni di emoderivati, appare ragionevole ipotizzare che dal momento della proposizione della domanda amministrativa la vittima del contagio deve comunque aver avuto una sufficiente percezione sia della malattia, sia del tipo di malattia che delle possibili conseguenze dannose, percezione la cui esattezza viene solo confermata con la certificazione emessa dalle commissioni mediche.
E’ quindi infondato l’assunto secondo cui la decorrenza della prescrizione coincide con il momento in cui si è esteriorizzata la malattia, dovendo esso coincidere con il momento in cui il danneggiato ha avuto sufficiente percezione che tale malattia era addebitabile alla trasfusione di sangue infetto, che, in mancanza di altri elementi, coincide con la presentazione della domanda amministrativa.