di S. Marinello
Rischio Sanità n. 51 – dicembre 2013
Una paziente si sottoponeva a un intervento chirurgico per l’asportazione di un fibroma uterino mediante laparoscopia a due vie, dopo aver sottoscritto il modulo del consenso informato nel quale si prevedeva la possibilità del passaggio a tecnica laparotomica nel caso si fosse riscontrata, nel corso dell’intervento, una situazione tale da richiedere un trattamento più complicato e/o differente da quello precedentemente discusso. Al momento dell’impiego del carotatore, strumento necessario a sbriciolare il fibroma, già staccato dall’utero, per poterlo spostare attraverso il foro d’accesso del trocar, il medico ne rilevava la non funzionalità, decidendo a quel punto di allargare il foro di accesso del trocar per consentire il passaggio del fibroma. In tale fase veniva lesa la parte dell’arteria epigastrica; iniziava un copioso sanguinamento per arginare il quale il medico operatore con l’aiuto assistente, convertiva l’intervento laparoscopico in intervento laparotomico con evidente maggiore invasività sul piano della durata della degenza e della convalescenza e con postumi rilevanti a livello estetico per il residuare di notevoli esiti cicatriziali eso ed endoaddominali.
continua...
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