L’involontarietà dell’errore che ha lasciato permanere la garza medica nell’addome della paziente, nonché la sostanziale assenza di specifiche indicazioni riguardo al riparto dei compiti fra i tre chirurghi, rendono sostanzialmente impossibile accertare chi di loro abbia avuto una specifica possibilità di evitare quell’obiettiva dimenticanza; inoltre nel caso di specie la condotta alternativa lecita si sostanziava, evidentemente, nell’antitesi di quella erronea: ossia nel rimuovere (anche) quella garza dal teatro operatorio.
E anche a voler disegnare in chiave omissiva la condotta di quei tre chirurghi, ascrivendo perciò loro di non aver rimosso quella medesima garza, la condotta che avrebbe evitato il danno sarebbe ovviamente consistita nel provvedere a quella rimozione: cioè nello scandagliare correttamente il teatro operatorio stesso e nel sincerarsi che al conteggio delle garze utilizzate si fosse proceduto utilizzando il previsto software di controllo; del resto la tesi dei convenuti sottende, all’evidenza, una sorta di imprevedibilità dell’evento in questione: che invece non soltanto andava astrattamente previsto dai convenuti stessi, data l’esistenza di una procedura di controllo delle garze utilizzate; ma che era altresì prevenibile da parte loro.
Priva di fondamento è l’eccezione di prescrizione sollevata, atteso che il relativo termine quinquennale è iniziato a decorrere non già dalla data in cui l’équipe formata dagli odierni convenuti ha eseguito l’operazione chirurgica oggetto del contendere, bensì dalla data in cui l’azienda ospedaliera ha emesso il mandato di pagamento in favore della paziente a fronte dell’atto di transazione sottoscritto.
Né i convenuti possono dolersi di non esser stati sentiti dall’azienda ospedaliera stessa anteriormente alla stipula della suddetta transazione; infatti l’aver subìto un danno iatrogeno, qual era palesemente quello oggetto del contendere, legittimava la paziente ad agire (in via stragiudiziale prima e giudiziale poi) nei confronti dell’Azienda Sanitaria, a prescindere da qualunque diversa opinione potessero manifestare gli odierni convenuti; i quali, comunque, hanno potuto esercitare nel presente giudizio ogni più ampia potestà difensiva riguardo al sinistro in argomento.
Neppure rileva la circostanza che il risarcimento riconosciuto alla paziente sia stato interamente addossato all’azienda ospedaliera sol perché quest’ultima non aveva esaurito la franchigia prevista dalla sua polizza assicurativa; invero la stipula di una polizza della responsabilità civile gravante su un’azienda ospedaliera non può tradursi nell’attribuire ai dipendenti di quell’azienda il diritto a un’integrale operatività della copertura assicurativa in qualsivoglia situazione, ovvero nello scriminare la loro responsabilità.
Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia, Sentenza n. 173 del 14 ottobre 2015