L’asfissia cerebrale del neonato è stata possibile conseguenza della paralisi subìta dalla madre a sèguito del sinistro stradale?
La corte di merito ha in particolare escluso la sussistenza nella specie di un rapporto di causalità tra il sinistro automobilistico, nel quale rimase coinvolta X in stato di gravidanza, e le lesioni derivate al bimbo nato prematuramente in ospedale.
Un tanto facendo apoditticamente riferimento alle conclusioni della CTU disposta ed espletata nel giudizio di 1 grado e senza dare motivatamente conto del rilievo assorbente e decisivo assegnato alla circostanza che l’asfissia cerebrale causativa delle lesioni derivate al neonato iniziò a manifestarsi circa venti minuti dopo la nascita nel reparto prematuri sotto forma di difficoltà respiratoria, indice di una ridotta espandibilità polmonare.
Tale circostanza costituisce invero un mero fatto, come tale inidoneo a dare logica e stringente spiegazione sul piano del nesso di causalità come si vorrebbe viceversa dalla corte di merito laddove apoditticamente e con motivazione meramente apparente afferma che secondo i consulenti tecnici incaricati dell’indagine medico-legale, il minore è risultato affetto da una grave leucomalacia periventricolare insorta successivamente alla nascita, dal momento che tutte le osservazioni cliniche e strumentali effettuate negli ospedali in cui la B. fu ricoverata, hanno fornito convincenti elementi per ritenere che il bambino al momento della nascita non presentasse segni patologici rilevanti ma che fosse del tutto normale, ancorché nato prematuramente.
La corte di merito ha invero omesso di fornire indicazione alcuna in ordine alla relativa considerazione in termini (quantomeno) di concausa, a fortiori in considerazione dell’incertezza e contraddittorietà della ricostruzione fattuale, e in particolare della circostanza che la difficoltà respiratoria, per alterazione dei centri nervosi, dava segni di allarme già 20 minuti dopo la nascita, determinando una evidente gravità della situazione, e del fatto che all’esito della rinnovata CTU in grado di appello è stata dai consulenti prospettato un precedente insulto ipossico …ricollegabile al trauma subito dalla madre per effetto del sinistro.
Orbene, la corte di merito non fornisce esaustiva e convincente spiegazione al riguardo del perché abbia inteso privilegiare le risultanze della CTU disposta in prime cure anziché a quelle della rinnovata CTU.
A tale stregua, nell’escludere la compatibilità del nesso di causalità sulla base della ravvisata sussistenza di mera compatibilità e verosimiglianza – anziché certezza – degli elementi, con motivazione invero meramente apparente la corte di merito ha infatti omesso di considerare che, giusta orientamento già delineatosi (anche) nella giurisprudenza di legittimità (v. Cass., 16/10/2007, n. 21619), poi confermato dalle Sezioni Unite civili, stante la diversità del regime probatorio applicabile in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi, nell’accertamento del nesso causale in materia civile vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del più probabile che non, mentre nel processo penale vige la regola della prova oltre il ragionevole dubbio (v. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 576).
Le Sezioni Unite hanno al riguardo in particolare sottolineato che ai sensi degli artt. 40 e 41 c.p., un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della c.d. causalità adeguata, in base al quale occorre dar rilievo, all’interno della serie causale, solo a quegli eventi che non appaiano – alla stregua di una valutazione ex ante – del tutto inverosimili.
In una diversa dimensione di analisi sovrastrutturale del (medesimo) fatto, la causalità civile ordinaria, attestata sul versante della probabilità relativa (o variabile), caratterizzata, specie in ipotesi di reato commissivo, dall’accedere ad una soglia meno elevata di probabilità rispetto a quella penale, secondo modalità semantiche che, specie in sede di perizia medico-legale, possono assumere molteplici forme espressive (serie ed apprezzabili possibilità, ragionevole probabilità ecc.), senza che questo debba, peraltro, vincolare il giudice ad una formula peritale, senza che egli perda la sua funzione di operare una selezione di scelte giuridicamente opportune in un dato momento storico: senza trasformare il processo civile (e la verifica processuale in ordine all’esistenza del nesso di causa) in una questione di verifica (solo) scientifica demandabile tout court al consulente tecnico: la causalità civile, in definitiva, obbedisce alla logica del più probabile che non.
Si è ulteriormente precisato che l’adozione del criterio della probabilità relativa (anche detto criterio del più probabile che non) si delinea invero in una analisi specifica e puntuale di tutte le risultanze probatorie del singolo processo, sicché la concorrenza di cause di diversa incidenza probabilistica deve essere attentamente valutata e valorizzata in ragione della specificità del caso concreto, senza limitarsi ad un meccanico e semplicistico ricorso alla regola del 51% ma facendosi luogo ad una compiuta valutazione dell’evidenza del probabile.
Orbene, a parte la considerazione che l’intervento anche erroneo del medico all’esito di sinistro stradale costituisce invero conseguenza possibile, e pertanto non inverosimile ed imprevedibile, non può d’altro canto trascurarsi che, come, in caso di concretizzazione del rischio che la regola violata tende a prevenire, in base al principio del nesso di causalità specifica non può prescindersi dalla considerazione del comportamento dovuto e della condotta colposa (o dolosa) nel singolo caso in concreto mantenuta, e il nesso di causalità che i danni conseguenti a quest’ultima astringe rimane invero presuntivamente provato.
Non è dato per altro verso evincersi gli argomenti in base ai quali la corte di merito ha assegnato alla ravvisata condotta colposa dei medici (atteso il tardivo trasferimento, disposto allorché si era ormai instaurata una intensa dispnea del piccolo nel reparto di rianimazione) il significato di causa sopravvenuta determinante in via autonoma ed esclusiva la situazione patologica sofferta dal minore, escludendo che in base al criterio della probabilità relativa o del più probabile che non questa possa invero costituire conseguenza anche dello specifico antecedente causale costituito dal sinistro stradale, il quale ha reso necessario il trasporto in ospedale dell’odierna ricorrente in eliambulanza della madre in ragione della gravità delle lesioni subite e dell’urgenza dovuta alle sue condizioni cliniche, avendo riportato la frattura lussazione delle vertebre D10-D11, e in conseguente ricovero con prognosi riservata per l’accertato drastico calo della pressione arteriosa e la paraplegia degli arti inferiori con anestesia cutanea a livello dell’ ombelicale.
E’ noto che se una condotta, anziché in termini di concausa, viene ravvisata configurare la diversa ipotesi della causa sopravvenuta autonoma e determinante del fatto evento dannoso, con interruzione della precedente serie causale, il giudice deve fornire congrua e idonea motivazione al riguardo.
Vale in proposito ulteriormente osservare che, diversamente da quanto affermato dalla corte di merito nell’impugnata sentenza, non appare invero decisiva la circostanza che l’affezione riscontrata al neonato si sia manifestata circa venti minuti dopo la nascita, essendo viceversa necessario accertare se, al di là del momento di relativa manifestazione, essa sia causalmente ascrivibile alla patologia subita dalla madre in conseguenza del relativo specifico antecedente causale costituito dal sinistro stradale che l’ha provocata, e cioè se l’asfissia cerebrale che ha colpito il neonato non sia conseguenza (quantomeno anche) della paralisi subita dalla madre dall’ombelico in giù in conseguenza del sinistro stradale.
Orbene, la corte di merito non ha dato adeguatamente conto del ragionamento seguito per escludere che tale sinistro abbia inciso in ordine alla determinazione del parto prematuro e della patologia subita dal neonato, pur in presenza di emergenze processuali, e in particolare delle risultanze della CTU disposta in grado d’appello, deponenti per la compatibilità e verosimiglianza che l’asfissia cerebrale che ha colpito il neonato sia causalmente ascrivibile all’impossibilità per la madre, a cagione delle conseguenze traumatiche riportate all’esito del sinistro, di poter continuare ad adeguatamente ossigenare il feto e portare avanti la gravidanza sino alla sua naturale conclusione.
Cassazione civile sez. III, 06/05/2015 n. 9008